Uomini con la mentalità del granchio

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Un ostacolo per gli uomini

Un grande ostacolo all’espressione delle proprie potenzialità, spesso sottovalutato dagli uomini in particolare in giovane età, è la mentalità del granchio. Potrebbe anche riguardare le donne; ma va ricordato come nei paesi occidentali oggi loro vengano continuamente incoraggiate dalla retorica femminista “perché valgono in quanto donne”, dato che devono dare il massimo come consumatrici.

Torniamo agli uomini. Si parla di mentalità del granchio (o di sindrome del “granchio nel secchio”) per definire quell’atteggiamento psicologico di quanti – pur inconsciamente, a volte – ostacolano il percorso di crescita personale o di miglioramento di qualcuno del gruppo di riferimento (famiglia, scuola, amici, colleghi di lavoro, etc…). Tutto ciò vale anche se si parla di consapevolezza maschile delle dinamiche sociali.

Il nome di questa sindrome viene proprio dall’osservazione del comportamento dei granchi catturati in un secchio. Se qualcuno di loro cerca di uscire, salendo sugli altri, verrà riportato giù dagli altri, non permettendo così un’alternativa individuale alla sorte collettiva.

Le cause di questa mentalità

Questo tipo di mentalità è, purtroppo, molto diffusa fra gli esseri umani; ed è diversa da quella che può essere la critica costruttiva o il mettere in guardia una persona cara dai pericoli e dai rischi che si possono correre intraprendendo una determinata strada.

Se i granchi agiscono per istinto, le persone lo fanno a causa di sentimenti umani: per invidia, rancore, risentimento, gelosia e competizione. La sintesi di questo ragionamento è: “se non posso farlo io, non è permesso nemmeno agli altri”. Inoltre se c’è qualcuno che riesce ad uscire dal metaforico secchio (o, se preferite, dalla caverna platonica con il cui mito questa sindrome ha molte similitudini), questa è anche la dimostrazione che una via d’uscita evidentemente esisteva, ma sono stati i singoli individui a non prenderla in considerazione.

Se uno di loro ce la fa, certifica quindi implicitamente – agli occhi di tutti gli altri – il loro fallimento.

Dove si diffonde di più

Questa sindrome è maggiormente riscontrabile in ambienti autoreferenziali o chiusi (come la provincia italiana, dove tanti stanno attenti al giudizio altrui) e/o in (piccole) realtà dove il giudizio del gruppo condiziona fortemente il singolo (la comitiva all’italiana è un microambiente perfetto; ma vale anche in ambienti di lavoro dove spadroneggiano autoproclamati bomberoni da operetta).

Se avessi dovuto ascoltare i consiglieri da bar che nella mia vita mi hanno cercato di dissuadere dall’avviare iniziative personali o professionali, a quest’ora mi sarei perso tante occasioni (non solo con l’altro sesso). E, a pensarci bene, la mia vita sarebbe stata pericolosamente uguale alla loro: succubi delle loro mogli, un lavoretto mediocre, un occasionale hobby, la vacanza al solito mare a Ferragosto (o in un luogo di moda fra i maranza italioti), zero passioni (a parte il calcio e la politica, oltre alle foto della fagiana vista solo su internet e scambiata sulle chat di Whatsapp) e zero crescita personale.

Per analogia, si può dire che anche i commenti sui social o su alcuni forum (anche su alcuni di quelli che si occupano di temi maschili) non sempre fanno bene e possono favorire questa sindrome (va ricordato che gli esperti dei social network parlano di una sorta di “sentimento” e di “umore” che emerge da queste discussioni scandagliandole con apposite metriche fornite dalle piattaforme). Certi pessimismi cosmici lasciano il tempo che trovano.

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Alla mentalità del granchio, quindi, non sfuggono tanti uomini (conigli oppure patrioti “all’amatriciana”, poco cambia) che, invece di auto-analizzarsi ed imparare dai propri errori o fallimenti, sono i primi a scagliarsi contro chi percorre con successo altre strade. O anche contro chi prova ad uscire da certe situazioni (ad esempio, c’è una certa retorica contro gli expat), non necessariamente con successo. Ma, quantomeno, loro ci provano senza rimanere ad aspettare passivamente eventi esterni, tipo l’istituzione della sharia, un asteroide o qualche profezia catastrofica di Nostradamus.

Il caso specifico italiano

Questa mentalità in Italia va a saldarsi ad un certo rassegnato fatalismo di alcune realtà e al campanilismo italiano che impediscono spesso un’analisi critica e ragionata e, in definitiva, l’uscita dalla propria comfort zone.

A tutto questo va aggiunto un benessere diffuso che negli ultimi decenni ha fatto venire meno la spinta all’esplorazione dei propri limiti e delle proprie potenzialità, con la perdita di tanti riti di passaggio alla vita adulta. Molto meglio stare a lamentarsi dietro una tastiera, comodamente seduti sul divano con la pancia piena, Netflix e i soldi dei genitori.

Per completezza, oltre alla mentalità del granchio, va segnalata la presenza di soggetti che non solo ostacolano chi cerca di emergere dalla palude della mediocrità, ma addirittura li dissuadono con tutte le loro forze, godendo proprio nel fare questa azione. A volte, lo fanno con tali impeti nichilistici (come fossero un personaggio romanzato) da meritare una visita psichiatrica.

6 pensieri riguardo “Uomini con la mentalità del granchio

  1. La competizione, ma soprattutto l’invidia rovinano i rapporti tra coetanei e spesso per questo si tende a scoraggiare chi è più capace, anche se a volte un saggio e disinteressato consiglio può salvare da scelte affrettate e poco ragionate; dipende da chi proviene…
    A questo aggiungo che, vista l’epoca in cui viviamo, senza futuro sia economico e soprattutto familiare (impossibile sperare di farsi una famiglia oggi con queste sciroccate in giro e sposarsi ormai è un suicidio), ne certezze, l’uomo comune è demotivato ad accrescere e, come le femminucce (ma per motivi ben diversi) tira a campare senza prospettive a lungo termine.
    Il sogno di una famiglia dove uomo e donna collaborano per farcela, potrebbe essere un traguardo, ma oggi il main stream ha deciso di costruire una “guerra” tra uomini e donne e queste ingenue hanno abboccato convinte che la “zitellitudine” abbia dei vantaggi, ma ahimè non è così, anzi…
    “Dividi ed impera” diceva qualcuno.
    Ce l’hanno fatta.

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  2. Ho vissuto questa fase, essendo un expat. Ho subito forti attacchi, mascherati da critiche a fine di bene, ma prive di ogni logica e basate sul nulla (non mi veniva chiesto cosa avrei fatto, che piano avessi). Siccome questo atteggiamento si è ripetuto nel tempo, mi sono reso conto che fosse invidia. Non sono un ingenuo, ma non me l’aspettavo. Da persone fortemente vicine, che si professano amiche. La manifestazione di quanto hai descritto l’ho avuta quando ho detto la frase: “Non sono stupido”. Per dire che so cosa faccio, sono estremamente razionale e non ho paura di rischiare, per migliorare. Valuto tutto, nei dettagli, e lavoro per renderla realtà. Da quella mia risposta sono stato offeso a più riprese, facendo emergere frasi che hanno messo chiaramente il vero motivo dei blocchi che volevano mettermi. Chi non ha carattere non si ribella a questi atteggiamenti. Li subisce. Nel mio piccolo faccio sempre il contrario, per aiutare ad uscire dal secchio do consigli su quello che ho imparato nella vita. Ma anche in questo caso si corre il rischio di essere attaccato da chi non vuole uscire dalla caverna, che preferisce non guardare la realtà che vive. Sono giunto alla conclusione che è questione di autostima. Se ne hai, vai dritto per la tua strada. Grazie per l’articolo.

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  3. Sono stato vittima (e lo sono anche adesso) della mentalità del granchio.
    Tranne alcuni casi, molti amici miei tendono, seppur in modo velato, a “denigrarmi” appena ne hanno l’occasione, anche per piccolezze.
    Un esempio fra i tanti erano le serate in discoteca: tutta la mia comitiva si avventava su un paio di ragazze e, mio malgrado, venivo tirato in ballo per via della mia fisicità. Gli “amici” facevano battute di fronte alle ragazze in questione, volendo apparir loro simpatici, dicendo che, nonostante la mia muscolatura, potevano sgonfiarmi con uno spillo perché “tanto è tutto finto” (cit.).
    Mi duole dirlo, ma di base l’italiano è invidioso ed egocentrico. Non mi stupisco se molti finiscono a fare gli zerbini della Concettina di turno, visto che immolano l’amicizia sull’altare del sesso (che non c’è quasi mai).

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  4. E’ tutto vero: chi può emigrare lo faccia perché riguardo il futuro in questo Paese, il pessimismo cosmico è giustificato.
    All’estero almeno, si vedono meno donne che portano i cani sul passeggino, e a 40 anni non passano la domenica coi genitori che ancora non si chiedono se hanno sbagliato qualcosa.
    Sul versante studi e lavoro non si può che migliorare, i baroni universitari nostrani sono un incubo da cui dobbiamo risvegliarci

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