La mitomania del collega “bomberone”

Foto: Wayhomestudio da Freepik

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Continua la carrellata sui ritratti di soggetti che compongono il tossico ecosistema lavorativo (specie del terziario) italiano e che finiscono per influenzare anche i rapporti uomo-donna. Generalmente ognuno ne ha avuto almeno uno, in genere sono di più in ogni posto di lavoro. Si tratta del collega perennemente allupato, uno che ai quattro venti si autoproclama un “bomberone”, un tombeur de femmes manco fosse Alain Delon dei tempi d’oro.

Un mitomane piccolo piccolo

Invece lui è solo un mitomane, un morto di figa come tanti altri, solo che si dà un tono perché è in un ambito professionale. È quel tipo di uomo, per capirci, che ci prova anche con i tavoli dell’ufficio, purché abbiano belle gambe.

Molto spesso è un boomer o appartiene alla generazione X; ma non mancano nemmeno fra i millennial. È un piccolo borghese, ma proprio “piccolo piccolo” (per usare il titolo di un famoso film superbamente interpretato da Alberto Sordi)

Il bomberone al lavoro è un viscido pettegolo, ha a volte una moglie o una compagna con cui fa il vanesio sui social, con cui si vanta di fare vacanze bellissime o con la quale va costantemente a ballare qualche danza caraibica nei weekend a beneficio dei profili social su cui ha necessità di ostentare.

Il suo raggio di azione

L’autoproclamato bomberone fa continuamente battute e apprezzamenti su tutte le colleghe, le bariste, le cameriere, le commesse e le segretarie che si muovono e agiscono nel raggio di due chilometri dal proprio luogo di lavoro. A volte, può anche far ridere; alla lunga semplicemente il suo essere monotematico (se si esclude il calcio e i motori, tutti rigorosamente vissuti da spettatore come avviene con la fagiana) annoia anche un monaco tibetano.

A volte le battute dell’autoproclamato bomberone sono fatte apertamente con le dirette interessate, specie se a lavoro trova profumiere in vena di cazzeggio e/o desiderose di attenzioni che gli danno corda e lo lusingano con le loro moine e le loro allusioni a doppio senso. Nella maggioranza dei casi no, lui ha bisogno di raccontare le sue prodezze da presunto dongiovanni ad un uditorio più ristretto.

Per essere preciso, lui sente la necessità di dirlo ai giovani colleghi oppure a quelli sposati (e remissivi al massimo). Questo uditorio si divide, tuttavia, in due categorie: quelli che gli credono e quelli che sanno che è tutta una bufala che lui recita per autoconvincersi di essere un playboy dei poveri.

Perché danneggia gli altri uomini

Perché l’autoproclamato bomberone al lavoro danneggia gli uomini? I motivi sono diversi. In prima istanza, danneggia la collettività maschile perché questo tipo di uomo è un soggetto che, dietro la sua faccia cordiale e da buontempone, nasconde una natura infida, sebbene non al livello del viscido femminista radical-chic.

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Essendo alla ricerca di approvazione femminile, questo soggetto a volte “bullizza” qualche malcapitato troppo docile per prenderlo a calci in diretta o per attaccarlo a muso duro come meriterebbe. L’autoproclamato bomberone, ad ogni modo, si guarda bene da adottare lo stesso comportamento con chi ha invece queste capacità e attitudini, ma rimane una costante spina nel fianco, specie se ti è gerarchicamente superiore e quindi ha modo di “vendicarsi” in via trasversale.

La presenza di questi soggetti su un luogo di lavoro è, a dispetto delle apparenze, una regressione verso l’adolescenza, e si porta dietro tutte le distorsioni del caso, con le fazioni che si creano e che vanno a sommarsi a quelle che normalmente nascono nelle dinamiche lavorative.

Per non contare poi che, alla lunga, questo soggetto si trasforma in una fastidiosa macchietta perché tipi simili, in definitiva, aumentano l’ego delle donne presenti e le autorizzano implicitamente a comportamenti tossici da principesse viziate (perché loro sono convinte che tutti i colleghi “maschi” stiano lì con il cappello da “bisognoso in mano) in un ambiente in cui non dovrebbero essere tollerate persone che usano il proprio potere sessuale, il “fica power” già denunciato da Massimo Fini nel 2000. Rimettere una riga di uguaglianza fra uomini e donne in certi ambienti lavorativi è ormai visto come un atto sessista contro la parte femminile, sempre pronta a sfoderare quest’accusa laddove vengano meno i privilegi dell’essere donna.

Inoltre c’è un altro punto da aggiungere. Se ci sono diatribe lavorative, questa tipologia di “maschio” italico, anche in virtù delle dinamiche già descritte, comunque appoggerà quasi sempre, a prescindere da torti o ragioni, le istanze femminili perché lui è in definitiva l’ennesimo “italiano medio” pronto a saltare sul carro del vincitore. Oggi il vento è femminista e misandrico; di conseguenza lui – che è nient’altro che un coniglio pagato per fare poco – non vuole certo perdere la propria posizione di schiavo felice.

La pausa pranzo del “bomberone”

Il bomberone invita periodicamente tutti gli elementi femminili di pari livello gerarchico e inferiori a pranzare insieme. È un cavaliere pagatore, è parte del suo ruolo. Ma lo fa anche per quella dinamica adolescenziale di creazione dei gruppi.

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Lui le invita sempre singolarmente (ma a volte va a finire che si aggreghino anche altre e lui fa buon viso a cattivo gioco). Alcune accettano il suo invito (è pur sempre un pranzo scroccato), specie quelle che provano a farlo entrare fra i propri alleati beta. Tentativo, quest’ultimo, che è quasi sempre vano.

Il motivo è semplice. In genere lo pseudo-bomberone è poco produttivo al lavoro e anche lui cerca di scaricare a qualcuno le sue incombenze. Lui deve quella posizione ad un abile mix di marketing di se stesso, a vecchie dinamiche di potere di cui beneficia (leggesi: raccomandazioni) e del fatto di aver sempre fatto finta di essere aziendalista (magari facendo la spia con il capo). Oppure è, semplicemente, un dipendente pubblico o di un ente parastatale.

Il “bomberone” in missione

Il collega bomberone offre il meglio del proprio repertorio quando va in missione, specie all’estero, dove si fionda in bordelli locali o in bar dove viene spennato come un cappone in polleria. Le golddigger straniere, poi, li fiutano a chilometri di distanza.

Al suo rientro nella sede di lavoro, passerà settimane a raccontare le prodezze erotiche delle donne passate dal suo letto, sempre omettendo il fatto di averle ricompensate economicamente perché prostitute (o sex worker, che poi è la stessa cosa). E sempre esagerando, manco a dirlo, sul loro numero e sulla loro bellezza effettiva.

Un’anima in pena

A volte, fermo restando ciò che si è scritto, si ha quasi l’impressione che questi autoproclamati “bomberoni” imbastiscano questo teatrino non tanto per un’occasionale avventura sessuale che non avverrà quasi mai con le colleghe, quanto per una sorta di “noia” lavorativa che in qualche modo cercano di combattere creandosi un “personaggio” da commedia italiana di serie B.

Ad ogni modo, il fatto che il “bomberone” menta sapendo di mentire sul suo essere un “Casanova” viene dimostrato dalla bava che produce nel caso arrivi una nuova collega o, peggio ancora, una stagista; oppure semplicemente sottoponendosi ogni giorno a quel rito umiliante di invitare qualche recalcitrante e scocciata collega per la pausa pranzo.

Lui crede che andare a pranzo con una collega faccia di lui una sorta di preselezionato. Ad un uomo consapevole, al contrario, fa pena vedere un autoproclamato “bomberone” over 40 o 50 che deve pagare la compagnia di una collega con cui non combinerà mai niente per darsi un tono e una legittimazione esistenziale.

4 pensieri riguardo “La mitomania del collega “bomberone”

  1. Gli ambienti di lavoro sono pieni di questi viscidi personaggi, non, come dici anche tu, quanto i finti femministi, ma quanto basta per meritare il disprezzo.
    Le scroccone ci vanno a nozze con questi personaggi, dato che per fare i Dongiovanni della Garbatella offrono sempre loro, manco per scopare, anche solo per strappare un sorriso e/o accattivarsi simpatie.
    Ricordano con pena il geometra Calboni dei film di fantozziana memoria, dove a Cortina salutava a casaccio gente sconosciuta facendo finta di conoscerli.
    Una delle tante macchiette italiote, in un paese che in materia, come in ipocrisia, non è secondo a nessuno.

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    1. @Lord Brett Sinclair Forse non mi crederai ma non ho mai visto nessuno dei film di Fantozzi. Evidentemente questi personaggi persistono nell’ecosistema del lavoro italiano, nonostante siano passati tanti anni e sia cambiato il mercato del lavoro.

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  2. Va da sè che questo esemplare di creatura non troppo umana è il risultato di decenni di Dongiovannismo, senza il quale non ce ne sarebbero quasi per nulla nel nostro Belpaese.

    Questa figura risponde inoltre al principio ‘di sesso più se ne chiacchiera, e meno se ne fa’
    E alla stessa maniera della massima riferita molti anni fa dalla Thatcher: “se hai bisogno di ribadire il fatto che tu sia una signora, significa che non lo sei”.

    Immaginatevi un vostro collega che abbia la fisicità e la facciastra da cacciatore (vero, questa volta) di Michele Morrone. Secondo voi andrebbe a importunate le colleghe e a sbavare loro dietro, oppure lascerebbe fare il lavoro alla chimica stessa nel cervello delle signorine a lui attorno?

    Credono davvero, gli sventurati bomberoni, che più si daranno aria di trombadores, più ciò si avvererà, quando in realtà è l’esatto contrario.
    A tale sventura, oltre al mito già citato, si aggiungano altri decenni di commedia porno ‘softcore’ tipica della cinematografia comica italiana a partire dagli anni ’70, con un protagonista ultra-beta, e avremo il nostro bomberone appena sfornato.

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