Il cavaliere (liberatore) inesistente

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Italo Calvino si rivolta nella tomba, ma ripercorrere certe strade (letterarie) è una tentazione più unica che rara. E un omaggio è atto dovuto, per quanto minimo.

Esaurita la premessa, veniamo al tema. La sindrome del “cavaliere liberatore” è uno dei frutti malati di una certa mentalità cavalleresca e romantica che nei secoli ha dipinto l’archetipo di eroe maschile come il guerriero senza macchia e senza paura pronto a salvare la principessa vergine e innocente dal drago cattivo.

Gli effetti nefasti di questa visione sono presenti ancora oggi. Quello che voleva essere un mito (preso poi in prestito anche dalla Chiesa cattolica e dalla cinematografia, in particolare quella tendente sin dagli anni ‘50 ad esaltare l’individualismo americano) indicante l’uomo pronto a battersi per i propri principi, è stato codificato da tanti uomini beta come l’unico modo per accreditarsi presso una donna. Vale a dire come l’ancora di salvezza, come colui che avrebbe salvato la donna dai suoi problemi esistenziali, ricevendo in cambio il suo amore incondizionato.

Senza dubbio, in maniera inconscia, la sindrome del “cavaliere liberatore” si va a saldare con il mito presente in tante fiabe che vede il principe azzurro salvare la vita della Cenerentola o della bella addormentata di turno.

In pratica, ciò che il mito ci sta prosaicamente dicendo è che la donna la sfanga sempre, per un intervento esterno di un deus ex machina, e non è necessario responsabilizzarla.

L’archetipo della protezione

Questa strategia inoltre poggia su un fondamento antropologico ben definito, cioè l’archetipo dell’uomo pronto a garantire protezione e quindi valido per difendere la donna e la prole da minacce esterne. Tra l’altro è un concetto che viene inculcato da sempre negli uomini sin da quando sono bambini.

Il problema, tuttavia, sta sia nella distorsione che nella semplificazione di questo archetipo. Molto spesso le donne utilizzano questo fattore inconscio maschile per cercare protezione negli uomini dell’ambiente in cui si trovano: lavoro (con gli alleati beta), scuola, università o comitiva. Si dà poi per scontato che in famiglia hanno già una valida rete di protezione, a maggior ragione in un paese matriarcale come l’Italia.

A volte sono loro stesse, le donne, a sollecitare l’intervento del “maschio” che le fa da cavaliere zerbino manipolandolo con lacrime e moine di vario tipo o chiedendo il suo aiuto in situazioni che possano solleticare il suo orgoglio virile.

Lui pensa di agire da “liberatore”, di accreditarsi come l’eroe agli occhi della sua “amica” (quasi sempre, dietro questi atteggiamenti c’è un “corteggiatore” in sonno che cerca di fare colpo o un eterno friendzonato) e magari innescare un circolo virtuoso. Invece viene semplicemente usato in via opportunistica. Le leggi dell’attrazione non sono meritocratiche, ma questo le donne non ve lo diranno per non perdere tutti i privilegi che gli orbiter, attanagliati nella mentalità della scarsità, offrono loro gratuitamente.

Ad ogni modo, questo tipo di azione maschile non va confuso con il raro afflato altruistico che può animare disinteressatamente alcuni uomini (e molte meno donne) nella loro vita. La tendenza all’impegnarsi sinceramente per gli altri non ha come retropensiero alcuna “ricompensa”, quantomeno “terrena”. L’atto esaurisce la propria forza in se stesso, a prescindere dalle ragioni che hanno portato al suo esplicarsi (religiose, spirituali, civiche, morali o etiche). C’è forse, se proprio si va a scandagliare in profondità, qualche affinità con la (sovrastimata) sindrome della crocerossina che può riguardare alcune donne.

La sublimazione del proprio salvataggio

Torniamo al tema. La prima brutta notizia è che spesso un uomo che usa questa strategia in cui la ricompensa finale è il sentimento (che include anche il sesso) parte già da un base zoppicante. Infatti cercare di salvare una donna è spesso una sublimazione del proprio salvataggio.

In parole povere, lui non è in grado di risolvere i propri problemi ma si accredita come risolutore di quelli altrui, sperando di attivare un circolo virtuoso. Proprio come fanno quegli studenti nordeuropei – visti personalmente – che vanno ad iscriversi a Teologia per capire la fede, senza sapere che quest’ultima ce l’hai o meno, ma non si apprende nelle aule universitarie. O come quegli studenti di Psicologia che cercano in questa disciplina la risoluzione alle proprie ansie esistenziali, contando in futuro di risolvere quelle altrui.

Per non parlare poi di coloro i quali spendono migliaia di euro presso presunti coach della “seduzione”, addirittura in alcuni casi donne (il che fa capire la disperazione che regna in Italia), senza andare ad indagare su se stessi o sui propri limiti, ma cercando la formula magica o la scorciatoia per risolvere i propri problemi.

Tra le fauci dei draghi

La seconda brutta notizia è che un percorso simile può portare un uomo in situazioni davvero pesanti, con ex di lei (anche pericolosi o megalomani alla Delon) che girano ancora intorno alla sua vita, con figli avuti da precedenti relazioni che non ti riconosceranno mai come figura paterna (perché, appunto, un padre già ce l’hanno) così come potrebbero invischiarti in dinamiche in cui dovresti rivolvere anche i loro problemi.

Senza contare che lei potrebbe essere la vedova” di un alfa e piantarti alla lunga grane infinite su tutti i fronti. Ne vale la pena per un simulacro di relazione in cui qualche volta ci scappa una sveltina? Ognuno si faccia i propri conti. Ma la mia risposta è un “no” secco.

Lancia in resta per dimostrare il coraggio

Fin qui si è parlato di quei cavalieri zerbini che comunque entrano in qualche modo nella vita di una donna. Sono un caso a parte quei ragazzi che si prendono coltellate o pugni in faccia per essere intervenuti in difesa dell’amica di comitiva che sta litigando, per ragioni personali, con il suo tossico (in tutti i sensi) moroso o trombamico. Il cavaliere zerbino rimedia, nella migliore delle ipotesi, un soggiorno al pronto soccorso oppure ospedaliero e qualche cicatrice.

Lei – alla quale il corteggiatore già friendzonato voleva dimostrare la forza dei suoi sentimenti e il coraggio delle emozioni – dopo i “mi dispiace” di circostanza, torna insieme al tossico e si dimentica del cavaliere sacrificato sull’altare di un mito distorto.

Anzi, nel momento in cui si trova davanti agli inquirenti per chiarire il proprio ruolo nella vicenda – anche qui non si parla per sentito dire –, scagionerà il suo ragazzo e dirà che il cavaliere zerbino ha equivocato, prendendo iniziative di cui lei non è responsabile in alcun modo. C’erano dubbi?

Il morso mortale della vipera

Tornando al tema del cavaliere liberatore, la terza brutta notizia è che il livello di tossicità femminile si è innalzato pericolosamente al pari di quei miasmi maleodoranti che vengono sprigionati dalle vasche dei depuratori delle acque reflue.

È in alcuni casi peggio di quanto lo possa essere il redimere unex meretrice, percorso che, come ci ha insegnato Gabriel Garcia Marquez, ha rischi semplicemente agghiaccianti ed è solo la strategia di un uomo beta ai limiti del capolinea esistenziale (si veda: Coppia aperta? Un alibi per le corna).

La liberazione sessuale fine a se stessa, la mercificazione dei sentimenti e i social (che hanno abbattuto i limiti di tempo e spazio) hanno creato vaste zone grigie di ambiguità, di sfruttamento della solitudine maschile e di esasperante opportunismo femminile. Ci sono donne ormai “bruciate” dal randagismo sessuale più di una ex prostituta (o di una ex pornostar), la quale potrebbe citare a sua discolpa un distacco emotivo ed esistenziale da ciò che sta compiendo.

Questo tipo di donne no. Anni di vita in cui le emozioni sono state l’asse portante di ogni giorno, con i social a stimolare la produzione di dopamina e innumerevoli relazioni di ogni tipo semplicemente lasciano dei segni proprio perché c’è – per quanto possa apparire “minimo” – un investimento emotivo e sessuale femminile.

Andare ad accollarsi queste situazioni è quindi tanto fallimentare quanto rischioso per un uomo di questi tempi, senza peraltro tutele sociali (googlare Legge Cirinnà). Fra l’altro, lei – passato il primo periodo di “gratitudine” dopo essersi pentita – potrebbe svegliarsi e comportarsi come la vipera di una famosa favola. La quale, dopo essere stata salvata dal gelo della neve ed essere stata riscaldata abbastanza da riprendere le sue funzioni vitali, finisce per mordere velenosamente la stessa mano che l’ha curata.

Uccidendo il suo “salvatore”, la vipera non sa che morirà anche lei di freddo, a meno che non arrivi un altro pronto a immolarsi ripetendo la stessa scena all’infinito. Ma tutto ciò non cambierà la sua natura di rettile velenoso. Uomo avvisato, mezzo salvato.

8 pensieri riguardo “Il cavaliere (liberatore) inesistente

  1. Articolo ineccepibile e intelligibile in ogni sua frase. Un estratto sociologico delle interazioni uomo/donna disarmante e dissacrante, che sintetizza perfettamente ancora una volta la dinamica perpetua della deresponsabilizzazione femminile. 👏

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  2. Mi perdonino messeri, ma la stolta cavalleria non ha nulla a che vedere con la Chiesa cattolica, è un mito medievale ma al 100% laico. Tralasciando le noiosissime fonti a sostegno, GD si consideri scherzosamente schiaffeggiato e invitato a scegliere sciabola o pistola, come nella vignetta, per regolare i conti all’alba.
    Le damigelle o rigano dritto, o non sono damigelle.
    Il mito (femminista) della parità non pare funzionare, le famiglie si sfasciano e le donne competono con gli uomini, lasciandoli spesso disoccupati e quando divorziano prendono appannaggi degni di una principessa.
    Complimenti per i riferimenti letterari, GD è tra i pochi che ne fa uso sapendo che l’arte è maestra di vita e non mondo di sogno

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    1. Caro Messere, scelgo la pistola (rigorosamente a salve), il luogo me lo comunichi lei, all’alba come sempre. Il mio padrino è già pronto.
      Scherzi a parte, il riferimento era al San Giorgio dell’iconografia cattolica ma appunto era un mito ripreso successivamente (come scritto) da Santa Romana Chiesa: quindi hai ragione.
      Per il resto grazie per aver colto i riferimenti letterari: anche uno spazio come un blog deve offrire qualche appiglio all’arte della scrittura, deve andare al di là della contingenza.

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  3. Articolo capolavoro, anche per qualità di scrittura, che andrebbe letto in tutte le scuole dalle medie in su. Non lo sarà mai, lo so.
    le relazioni uomo donna sono queste e sopratutto gli uomini beta, zerbini, ecc dovrebbero capirlo per salvare se stessi.
    E’ una presa di coscienza ormai non più dilazionabile, vista la situazione sociale attuale

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  4. Esposizione di superba chiarezza pedagogica.
    Mio modesto suggerimento: per renderla completamente assimilabile dai giovani lettori, le gioverebbe essere coordinata con altre due brevi analisi: A) indagare perché, nella modernità, il sentimentalismo sia diventato così pervasivo nella mente dei giovani maschi (che invece, in passato, investivano maggiormente in altre imprese/attività, all’insegna di un cameratismo maschile); B) quale ruolo giochi, in questo loro virare dall’avventuroso al petaloso – cioè il rannicchiarsi e sdilinquirsi in sterili tormenti amorosi -, l’emarginazione dell’ammaestramento paterno (rottura della catena generazionale maschile).

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  5. Il mito del cavaliere senza macchia che salva la pulzella in difficoltà è un favoletta a cui credono quelli che non vedono una donna da anni o che non ne hanno mai avuta una fra le mani. Trattamenti di favore, piaggeria varia, complimenti sono tutte azioni che portano fuori strada, che rendono l’uomo poco attraente agli occhi di lei e, appunto, estremamente bisognoso.
    Bisogna essere galantuomini – certo – ma, come suggerisce il nome del blog, dissacranti: eleganti e sprezzanti.

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  6. occhio a salvare le “principesse” dal drago. Nella maggior parte dei casi si scopre che: a) il drago in realtà era già stato trasformato dalla gentil pulzella in scarpe, borsetta e cintura. Oppure b) il drago è lei.

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